chiara ferragni

Il pandoro, poi le uova di Pasqua e una bambola. Le iniziative benefiche legate a Chiara Ferragni al centro delle indagini, lo scandalo ha portato anche a una nuova legge

Da mesi al centro della cronaca italiana (e non solo) c’è il nome di Chiara Ferragni. L’imprenditrice e influencer sul finire del 2023 è stata multata dall’Antitrust, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, per 1.495.000 euro per pratica commerciale scorretta in relazione al pandoro firmato Ferragni prodotto da Balocco. Secondo l’Autorità ai consumatori è stato fatto credere che con l’acquisto del dolce “avrebbero contribuito a una donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino. La donazione, di 50.000 euro, era stata invece già effettuata dalla sola Balocco mesi prima”. In altre parole i consumatori sarebbero stati convinti che la vendita di ogni pandoro contribuisse alla donazione all’ospedale, mentre l’ammontare della donazione era già stato stabilito a prescindere dalle vendite.

Il Codacons, il Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori, ha poi presentato “un esposto a 104 Procure della Repubblica di tutta Italia affinché valutino l’apertura di una indagine per possibili profili penali a seguito della sanzione inflitta”. Anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha parlato della vicenda ad Atreju – l’evento del suo partito, Fratelli d’Italia – seppur senza nominare direttamente l’imprenditrice: «il vero modello da seguire non sono gli influencer che fanno soldi a palate indossando vestiti o mostrando borse o facendo eco al design o promuovendo carissimi panettoni, facendo credere che si farà beneficenza ma il cui prezzo serve solo a pagare cachet milionari. Il vero modello da seguire è quello di chi quelle eccellenze le inventa, le disegna e che produce tenendo testa a tutti nel mercato globale, solo perché noi semplicemente siamo più bravi e lo sappiamo fare meglio. E ai giovani bisogna spiegare che crearli quei prodotti è più straordinario che limitarsi a mostrarli». 

L’imprenditrice dopo giorni di silenzio social si è scusata e ha spiegato la sua posizione con un video: «sono sempre stata convinta che chi è più fortunato ha la responsabilità morale di fare del bene. Questi sono i valori che hanno sempre spinto me e la mia famiglia. Questo è quello che insegniamo ai nostri figli. Gli insegniamo anche che si può sbagliare, e che quando capita bisogna ammettere, e se possibile, rimediare all’errore fatto e farne tesoro. Ed e quello che voglio fare ora. Chiedere scusa e dare concretezza a questo mio gesto: devolverò 1 milione di euro al Regina Margherita per sostenere le cure dei bambini. Ma non basta: lo faccio pubblicamente perché mi sono resa conto di aver commesso un errore di comunicazione. Un errore di cui farò tesoro in futuro, separando completamente qualsiasi attività di beneficenza, che ho sempre fatto e continuerò a fare, da attività commerciali. Perché anche se il fine ultimo è buono, se non c’è stato un controllo sufficiente sulla comunicazione, può ingenerare equivoci. Come ho già detto nei giorni scorsi, impugnerò il provvedimento dell’AGCM perché lo ritengo sproporzionato e ingiusto. Il mio errore in buona fede è stato legare con la comunicazione una attività commerciale a una di solidarietà. Purtroppo si può sbagliare, mi spiace averlo fatto e mi rendo conto che avrei potuto vigilare meglio. Ma, se la sanzione definitiva dovesse essere – come spero – inferiore a quella decisa dall’AGCM, la differenza verrà aggiunta al milione di euro. Nei prossimi giorni parlerò con il Regina Margherita per capire come l’ospedale utilizzerà la somma da me donata e vi racconterò periodicamente gli aggiornamenti. Il mio errore rimane ma voglio far sì che da questo errore si generi qualcosa di costruttivo e di positivo».

ANSA/ANGELO CARCONI

Non solo pandoro

I casi di possibile truffa aggravata sono, però, anche altri: l’uovo di Pasqua creato con Dolci Preziosi e la bambola Trudi. Tutte operazioni commerciali che avrebbero dovuto finanziare operazioni benefiche.

Con le vendite della bambola, che aveva le fattezze dell’imprenditrice, nata con la collaborazione di Trudi e Ferragni e commercializzata nel 2019, sarebbe stata finanziata l’associazione Stomp Out Bullying (impegnata nel contrasto di episodi di cyberbullismo e omofobia). Alle notizie dei controlli sull’operazione una società controllata dall’influencer, la TBS Crew Srl, aveva comunicato che “tutto è avvenuto totalmente in linea con quanto comunicato sul canale Instagram”, cioè che il ricavato delle vendite delle bambole sulla piattaforma e-commerce The Blonde Salad, a cui aveva affiliato l’iniziativa, sono stati devoluti regolarmente (al netto dei costi di routine), mentre quelli ottenuti da altri canali no. Ciò sarebbe però stato già chiaro, ma l’indagine è scattata comunque perché forse così chiaro non era e anche perché la fondatrice dell’associazione Ross Ellis ha dichiarato al programma tv Cartabianca di “non aver mai ricevuto donazioni”. 

Anche per la vicenda delle uova di Pasqua lo schema sarebbe simile: le uova commercializzate nel febbraio 2021 e 2022 avrebbero dovuto finanziare l’associazione I Bambini delle Fate, che si occupa di minori affetti da autismo. Per firmare le uova Ferragni ha preso un cachet di 500mila euro nel 2021 e di 700mila euro nel 2022 e la donazione arrivata dall’azienda è stata di 36 mila euro. Dolci Preziosi ha chiarito i termini dell’accordo: l’imprenditrice avrebbe ceduto la propria immagine all’azienda per una cifra fissa, mentre il ricavato della vendita delle uova sarebbe andato in beneficenza. Il proprietario di Cerealitalia (il marchio Dolci Preziosi è del gruppo Cerealitalia di Corato) ha spiegato al Fatto Quotidiano: «noi abbiamo fatto una donazione, per lei non era da contratto. A Ferragni abbiamo pagato un cachet di 500 mila euro nel 2021 e 700 mila euro nel 2022. Poi ha chiesto una cifra esorbitante e non abbiamo più chiuso il contratto». In una nota stampa diffusa dall’azienda si chiarisce inoltre che “la Cerealitalia I.D. SpA non ha ricevuto alcuna comunicazione ufficiale in merito al coinvolgimento della stessa. L’atteggiamento della Società rimane comunque quello della massima collaborazione con le istituzioni, come sempre fatto”.

L’associazione I Bambini delle Fate ha spiegato di essere ignara delle dinamiche in questione ma di aver ricevuto una donazione di 40mila euro da parte di Ferragni. Intanto il Corriere della Sera ha contattato la Procura di Milano che parla non di episodi isolati, ma di operazioni collegate dal “medesimo disegno criminoso”, ben diverso dall’“errore di comunicazione” ammesso dalla stessa Ferragni. Per gli inquirenti legare operazioni benefiche alla vendita di prodotti commerciali sarebbe stato metodico e funzionale all’aumento del fatturato. Non viene messo in dubbio quindi che la beneficenza sia avvenuta, ma che non sarebbe stata fatta attraverso modalità che il consumatore non potesse intuire con chiarezza.

Chiara Ferragni rischia poi di doversi difendere dalle stesse accuse anche per i biscotti in “edizione limitata” creati nel 2020 con Oreo la cui vendita avrebbe dovuto raccogliere fondi contro la pandemia. Infatti il Codacons ha annunciato di aver presentato un nuovo esposto all’Antitrust e alla magistratura proprio in merito all’operazione e di aver presentato “una istanza d’accesso all’azienda dolciaria finalizzata ad avere tutti i dati circa la campagna di solidarietà avviata con l’influencer”, sui social l’operazione era pubblicizzata con messaggi che affermavano “che il 100% del ricavato delle vendite di tali abiti sarebbe andato in beneficenza per iniziative contro il Coronavirus” ma, sostiene l’associazione dei consumatori, Oreo e Ferragni sono legati da rapporti di tipo commerciali (attestati da diverse pubblicità online) per questo il Codacons chiede di visionare dati di vendite e somme destinate alla beneficenza, oltreché i destinatari e il modo in cui le donazione sono state assegnate. Secondo quanto riporta l’Adnkronos, che ha letto la risposta dell’azienda dolciaria al Codacons, Oreo ha spiegato che la collaborazione con Ferragninon prevedeva alcun accordo di beneficenza”, ma l’imprenditrice “ha deciso autonomamente, al di fuori dell’accordo commerciale in essere, di donare in beneficenza l’ammontare derivante dai proventi della vendita della parte della capsule collection nella sua disponibilità. Venuti a conoscenza della sua decisione di procedere in tal senso, anche Oreo ha deciso di effettuare una donazione allo stesso ente (Cesvi a favore dell’emergenza Coronavirus)”.

La nuova legge

La presidente del Consiglio è tornata sulla questione annunciando a Quarta repubblica, su Rete 4, una legge “per una beneficenza più trasparente”. Il 25 gennaio, al Consiglio dei ministri, è stata approvata una nuova norma in materia di attività commerciali con scopo benefico, secondo Meloni le vicende avevano fatto scoprire “un buco in termini di trasparenza nella normativa delle attività commerciali che hanno anche uno scopo benefico. Voluto o non voluto, adesso vi si può incappare”. La presidente ha spiegato che “sulla confezione di quello che vendi devi specificare a chi vanno le risorse, per cosa vanno e quanta parte viene effettivamente destinato a scopo benefico”. Il deputato e vicepresidente di Fratelli d’Italia alla Camera, Manlio Messina, ha aggiunto che sarà introdotto l’obbligo “di indicare in maniera chiara e netta l’importo dei contributi che si ricevono, e quanto viene destinato alla beneficenza. La parte che non va in beneficenza deve essere rendicontata nel dettaglio”. 

Il ddl, composto da quattro articoli, fissa le informazioni che i produttori sono obbligati a dare sulle attività di beneficenza, le modalità e i tempi di comunicazione all’Autorità garante per il mercato e la concorrenza. Sono stabilite inoltre le sanzioni che vanno dai cinque ai 50 mila euro, delle sanzioni inoltre il 50% della somma andrà a iniziative benefiche.

ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha spiegato che con la nuova norma si disciplina “l’obbligo di riportare sulle confezioni, anche tramite adesivi, alcune informazioni specifiche tra cui l’importo complessivo destinato alla beneficenza, ovvero il valore percentuale sul prezzo di ogni singolo prodotto” in modo che “il consumatore sappia con certezza quale parte del ricavato vada a iniziative solidaristiche”, tutti i soggetti interessati dall’iniziativa dovranno “comunicare all’Antitrust che intendono attivare questa attività promozionale e il termine entro cui è stato effettuato il versamento dell’importo”. Urso specifica inoltre che il ddl “non riguarda le attività da parte degli enti non commerciali per i quali resta vigente quanto previsto dal codice del terzo settore, né gli enti appartenenti alle confessioni religiose”. 

Anche Chiara Ferragni ha commentato la nuova norma: «sono lieta che il governo abbia voluto velocemente riempire un vuoto legislativo. Quanto mi è accaduto mi ha fatto comprendere come sia fondamentale disciplinare con regole chiare le attività di beneficenza abbinate alle iniziative commerciali. Questo disegno di legge consente di colmare una lacuna che da una parte impedisce di cadere in errore, ma dall’altra evita il rischio che da ora in poi chiunque voglia fare attività di beneficenza in piena trasparenza desista per la paura essere accusato di commettere un’attività illecita».

di: Flavia DELL’ERTOLE

FOTO: ANSA / MATTEO BAZZI