LA DONNA DEI FIORI DI CARTA

La guerra, un eroe solitario, un prigioniero che sarà fucilato all’alba, un medico destinato a ereditare la storia di tre vite: Carrisi convince e conquista (ancora)

La donna dei fiori di carta è un romanzo particolare, chi è abituato ai libri di Donato Carrisi potrebbe trovarsi in un primo momento un po’ spiazzato. Non si tratta di un thriller quanto di un noir, eppure i generi si mischiano tra le pagine confondendosi e dando vita a qualcosa di unico e intenso, che scorre via leggero come una favola, introspettivo come un memoir, denso come uno storico. È un romanzo tanto breve – supera appena le 160 pagine – quanto intenso, che si snoda nella mente del lettore come una chiacchierata con un amico di lunga data. La storia contemporanea che fa da sfondo alla vicenda sale a tradimento sul palcoscenico, diventa protagonista, si acquatta nell’ombra, ma non appena ci si concede il lusso di dimenticarla ecco che torna, prepotente, come l’eco dei bombardamenti durante la lunga notte in cui si snoda il racconto. L’intero testo ha un suo ritmo inconfondibile, che accompagna la lettura a ritmo con i battiti del cuore. E alla fine sembra di conoscere così bene quell’amico con cui si aveva la sensazione di parlare, si instaura un clima di confidenza così marcata, che è impossibile eludere la sensazione che la lettera con cui il libro termina non sia, in verità, indirizzata a ciascuno di noi.

È difficile individuare il protagonista unico del racconto: è forse Jacob Roumann, medico ebreo che si trova in trincea sul monte Fumo, ultimo avamposto d’Austria nella guerra contro gli italiani nell’aprile del 1916; oppure è il prigioniero catturato che deve interrogare, perché così vuole il generale: se scoprirà il suo nome e il suo grado potrà servire come merce di scambio per un altro ostaggio. Per questo Jacob entra nella tenda dove l’italiano è tenuto prigioniero: questo incontro suggella un accordo che cambierà per sempre la vita del medico. Il soldato nemico gli propone un patto: gli dirà il suo nome solo se lui ascolterà una storia, una storia che racchiude in sé tre domande. “Chi è Guzman? Chi sono io? Chi era l’uomo che fumava sul Titanic?”. Il protagonista può essere anche lui, Guzman, il cantore di cui il prigioniero narra le gesta; oppure lo sconosciuto che fumava mentre il grande transatlantico affondava, in quella notte dell’aprile 1912, osservando la barriera di ghiaccio nell’Oceano. Oppure un mercante di nome Otto Feuerstein, morto due giorni prima che il Titanic salpasse. E poi c’è un’altra domanda, destinata a rimanere nella mente del lettore fino quasi alla fine: chi è, la donna dei fiori di carta?

In un intreccio di destini affascinante, come un gioco di prestigio compiuto con maestria impeccabile, Carrisi accompagna il lettore in un viaggio tra le pagine più difficili della nostra storia: sulle montagne più alte e negli oceani più profondi, attraverso le guerre più sanguinose che sono state combattute sulla Terra e il dolore dei soldati morti al fronte per una patria in molti casi disposta a sacrificare i suoi figli più giovani. La donna dei fiori di carta è un romanzo intrigante, introspettivo, leggero come fumo ma denso come nebbia, che fa venire voglia di rileggerlo non appena concluso, alla luce di quelle ultime pagine chiarificatrici.

È un romanzo vibrante di vita, delicato come una poesia, il cui filo conduttore è – in mezzo alla morte, alla malattia, alla distruzione – sempre l’amore.