Il moderno diritto all’abitare le città si configura nel delicato equilibrio fra l’iniziativa privata e la musealizzazione dell’Antico. Il figlio Giulio ci racconta le visionarie lezioni di Cederna, storica penna del Mondo e padre della tutela del patrimonio italiano

È il 1952 quando lo studente Antonio Cederna, fresco di archeologia, si trova a passeggiare lungo l’Appia Antica, la Regina Viarum che per 600 chilometri di pietra basaltica, la stessa del IV secolo, si snoda da Roma a Brindisi e viceversa, attraversando lo splendido Parco romano che si affaccia, anche lui secolare, lungo la consolare. Sono gli anni della Hollywood sul Tevere e nel verde immutato dell’area “cominciavano a sorgere le prime ville degli attori, dei diplomatici, e le curie generalizie. Mi venne subito l’ovvia reazione: questa spettacolosa campagna romana, irta di monumenti imponenti, di catacombe, eccetera, non poteva essere privatizzata per diventare un sobborgo edificato. Era minacciato il rispetto elementare per l’antico, la storia, il paesaggio, il verde pubblico”. Chissà in che mondo vivremmo se la reazione fosse davvero “ovvia” e il rispetto così “elementare”: di sicuro Cederna, giornalista appassionato e integerrimo, ci ha lasciato una lezione di raro valore, di quelle che dopo 70 anni sono più attuali di prima.

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Villa dei Quintili sull’Appia Antica, foto tratta dall’Archivio Cederna (ANSA/I51)

A dispetto di quanto cinicamente predisse un funzionario che si trovava a commentare le sue denunce in punta di penna («conosciamo i giornalisti, si stancano presto…»), Cederna non si stufò mai di combattere contro “questa sozza bagnarola in cui speculatori, trafficanti, mezzani, proprietari di terreni ecc. hanno imparato a sguazzare con agio perfetto”. Indefesso fino al 1996, tre mesi prima di morire, Cederna pubblicò centinaia di contributi per svergognare pubblicamente i Piani Regolatori del Comune, le lottizzazioni, i progetti immobiliari e tutti quei “gangsters della Via Appia” che, un pezzo alla volta, smantellavano ciò che aveva reso Roma grande per derubricarla a metropoli qualsiasi. Se oggi Cederna è ancora omaggiato come uno dei padri della tutela del patrimonio ambientale italiano lo dobbiamo anche alle sue battaglie per il progetto, al tempo davvero inedito, di musealizzare il Parco dell’Appia Antica. Sempre in punta di piedi, pesando sul bilancino ogni tassello del panorama. Oggi il suo sogno è mantenuto in vita da una virtuosa sovrapposizione di enti che ne tutelano la conservazione: il Parco Archeologico istituito nel 2016 e il Parco Regionale, istituito nel 1988 e trasformato in area naturale protetta nel 1997, ma anche l’UNESCO, che proprio quest’anno ha inserito il Parco nella Lista del suo patrimonio, oltre all’aiuto di associazioni di merito e del Comitato per la Caffarella. «Ma la lotta deve necessariamente continuare perché il Parco oggi è ancora in gran parte sulla carta – il 90% dell’area è privata e poco visibile – e perché ogni conquista è revocabile, come dimostra l’incremento del traffico veicolare lungo l’antica via» ci spiega Giulio Cederna, figlio del giornalista e oggi direttore della Fondazione Paolo Bulgari.

Archivio Cederna – Oggi il Parco dell’Appia Antica ospita l’Archivio Cederna nella splendida Villa di Capo di Bove, a due passi dal Mausoleo di Cecilia Metella, un’altra proprietà privata restituita alla cittadinanza dopo l’acquisto da parte del Governo nel 2002. Un diritto di prelazione che avviò una serie di scavi restituendo luce ad un antico impianto termale (II-III sec. d.C.)

L’amministrazione capitolina promette telecamere per sanzionare gli insensibili, assuefatti al bello – soprattutto se hanno avuto il privilegio immeritato di nascerci – che quotidianamente, nonostante un divieto di transito, avvelenano la pavimentazione originale del IV secolo, disturbano le catacombe, violano reperti archeologici irripetibili, così come provarono a fare costruttori e società immobiliari 50 anni fa, incastonando resti, cocci, capitelli trafugati o raccolti per terra nel cemento delle loro abitazioni, appropriandosi dell’antico per mortificarlo. Ma l’Appia non è stata l’unica lotta nel cuore di Cederna, che fu non solo appassionato ambientalista e instancabile divulgatore, ma anche apprezzato urbanista, tra i protagonisti di quel progetto Fori che negli anni ‘80 sembrava prendere corpo: superare l’impianto divisorio della via dell’Impero fascista, rea di occupare i Fori di Cesare, Augusto, Vespasiano, Nerva e Traiano, da freddo corridoio per parate a cuore antico restituito ai cittadini. Oggi è stato annunciato un restyling dell’area, “certo molto diverso da quello che avevano immaginato Leonardo Benevolo e Italo Insolera”, ci spiega Cederna citando gli architetti e urbanisti che insieme al padre provarono a ridisegnare Roma, “ma è comunque un passo in avanti rispetto al nulla in cui è rimasto congelato per tre decenni”.

Senza i suoi articoli, “l’Appia Antica sarebbe stata sommersa dal cemento, ma le sue campagne stampa hanno dato un contributo importante anche all’apertura al pubblico di ville storiche, da Villa Ada a Villa Pamphili, al parco di Veio, al porto di Traiano, eccetera”. Cederna aveva compreso molto presto che per difendere i beni comuni bisogna “suscitare, attraverso interventi capillari e organizzati, il diritto dei cittadini a una città moderna e efficiente”. «Un sistema, una legislazione, un costume urbanistico possono essere modificati solo da una pressione dal basso: occorre provocare gli abitanti di un quartiere a rivendicare il giardino, il campo sportivo, la scuola, a prendere coscienza dei propri diritti urbanistici, al pari di ogni altra rivendicazione sociale», parafrasa ancora Cederna.

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Antonio Cederna (ANSA/I51)

Al centro della sua intuizione c’è un nuovo modello di città moderna, capace di non cedere né al mero conservatorismo né alle ovvie logiche di sviluppo economico (spesso antitetiche allo sviluppo urbano). «Come ha scritto Francesco Erbani – ci racconta ancora suo figlio – “Cederna manifesta una speciale passione per l’aggettivo moderno”, che usa spesso in opposizione a “vandalo”. La città dei “Vandali in casa” è quella piegata agli interessi particolari dei grandi e meno grandi proprietari delle aree, la città delle “coree, bidonville e borgate”, di “palazzine e palazzate”, dove i ragazzi “sono murati vivi negli intensivi, senza prati né campi sportivi”, come scrive in un calembour». Nella visione di Cederna insomma “la tutela dell’antico è funzionale alla costruzione della città moderna, che a sua volta si sviluppa assecondando i bisogni e le aspirazioni di chi la vive, garantendo a tutti pari diritti di accedervi, alle opportunità che offre, ai servizi, all’istruzione, allo svago”. E in che città vivremmo se queste fossero disegnate a misura d’uomo, per essere abitate e per creare collettività, anziché all’unico scopo di generare profitto. «Se fosse vivo, mio padre scuoterebbe sicuramente la testa guardando lo stato di degrado in cui versano le periferie, lo spopolamento e la turistificazione del centro storico, diretta conseguenza dell’affossamento del piano regolatore e delle riforme urbanistiche degli anni ‘60 – continua Cederna. – Né condividerebbe la monocultura dei grandi eventi, delle archistar, delle grandi opere, spacciata come unica strategia possibile per assicurare lo sviluppo della città».

Cinecittà sull’Appia – Le denunce appassionate di Cederna intervennero là dove la speculazione edilizia nelle campagne romane avrebbe dato il suo peggio. Molti i personaggi famosi di Cinecittà che hanno edificato approfittando dell’aria eterna del Parco dell’Appia Antica: il produttore Carlo Ponti e Sophia Loren, Silvana Mangano con Dino de Laurentiis, Gina Lollobrigida, Alberto Sordi

Giornalista, ambientalista, urbanista, scrittore: anche grazie a uno stile letterario, all’ironia intelligente, ai colti riferimenti, i suoi articoli vivono di un’attualità che sembra immortale. Più che denunciare scempi edilizi, Cederna sembra additareun approccio tutto italiano allo spazio e all’ambiente. «Molti esegeti, tra questi un critico letterario come Ezio Raimondi, hanno mostrato la qualità letteraria di tanti suoi articoli, soprattutto quelli scritti tra gli anni ‘50 e ‘60 su Il Mondo» di Mario Pannunzio, sulle cui pagine aveva iniziato a scrivere. Molte le espressioni da lui coniate e divenute proverbiali per l’efficacia espressiva: la crescita a «macchia d’olio» di Roma, «la repellente crosta di cemento», «la rapallizzazione delle coste», «il paese a termine».

La cosa davvero importante, ce lo ricorda Giulio Cederna, è che oggi grazie a un certosino lavoro di recupero l’Archivio Cederna (articoli, progetti, story map) è consultabile gratuitamente online. Un pozzo di storia per riscrivere il diritto di abitare, dunque il futuro delle nostre città.

Foto di Marianna Mancini