L’Italia ha una ricchezza enorme di biodiversità, complice la sua forma allungata nel centro del Mediterraneo: preservarla è fondamentale, partendo proprio dalle sue aree protette

di Dante Caserta – WWF Italia

L’Italia custodisce un patrimonio di biodiversità unico in Europa. Ospitiamo quasi 10.000 entità vegetali, tra specie e sottospecie, che ci collocano al primo posto nel continente e al secondo nel Mar Mediterraneo per la ricchezza del patrimonio floristico. E la fauna italiana (marina, terrestre e d’acqua dolce) non è da meno, con oltre 60.000 taxa e moltissimi endemismi. Per conservare questa enorme ricchezza di biodiversità, determinata dalla forma della nostra Penisola allungata nel centro del Mediterraneo, sono necessarie strategie efficaci e un esteso sistema di aree naturali protette, come ricorda la Strategia europea per la Biodiversità al 2030. E l’Italia, in effetti, possiede un articolato sistema di aree protette per tutelare questo grande patrimonio: senza parchi e riserve, specie minacciate ed ecosistemi fragili rischierebbero di essere compromessi e, con loro, i preziosi servizi ecosistemici grazie ai quali è possibile la nostra stessa esistenza: la tutela della natura, infatti, è fondamentale per la vita di tutti noi, perché dalla natura ricaviamo aria e acqua pulite, suolo fertile e cibo sano.

Nel nostro Paese il sistema delle aree protette è formato dall’integrazione fra le aree nazionali e regionali, istituite ai sensi della legge quadro del 1991, e i siti della Rete Natura2000 previsti dalla direttiva “Habitat” e dalla direttiva “Uccelli”. Secondo i dati Ispra in Italia, attualmente, ci sono 25 parchi nazionali, 146 parchi regionali, 147 riserve naturali statali, 32 aree marine protette, 415 riserve regionali, un’area specialmente protetta d’importanza mediterranea a cui si aggiunge una vasta rete di siti variamente protetti, la maggior parte dei quali ricompresi nella Rete Natura2000. La superficie tutelata a terra arriva così al 22% del territorio italiano con oltre 3 milioni di ettari, a cui si aggiungono oltre 2,8 milioni di ettari di superficie marina.

Si tratta di una condizione positiva che però ha molte ombre, come è emerso nel corso del convegno nazionale “Protected Areas & Conservation”, organizzato dal WWF Italia nella prestigiosa Tenuta del Presidente della Repubblica di Castel Porziano dal 2 al 4 aprile. Qui, per tre giorni, esponenti degli enti gestori delle aree protette, del mondo della ricerca, delle associazioni ambientaliste e delle istituzioni si sono confrontati su opportunità e obiettivi della conservazione in Italia, ad iniziare dal raggiungimento del 30% di territorio italiano protetto a terra e a mare entro il 2030. Un obiettivo fissato dalle strategie nazionale ed europee sulla biodiversità che è sicuramente ambizioso, ma comunque necessario per conservare il nostro capitale naturale che deve fare i conti con l’urbanizzazione crescente e l’agricoltura intensiva, la cementificazione e il consumo di suolo, la pesca eccessiva e l’anacronistica caccia, il cambiamento climatico e l’inquinamento. Le aree protette, dove le attività umane non sono vietate, ma vengono regolamentate da specifici strumenti di pianificazione, sono quindi essenziali per la conservazione e il mantenimento degli equilibri ecologici. 

Oggi, il tema della conservazione della natura e delle aree protette necessita di essere affrontato sotto molteplici aspetti: governance, pianificazione, tutela e gestione di specie e habitat, progettualità, risorse umane e finanziarie, vigilanza… Volendosi soffermare al solo obiettivo del 30% di terra e mare protetti entro il 2030, risulta evidente come il suo raggiungimento stia diventando sempre più difficile. Si è perso tempo prezioso a iniziare da quello necessario per completare il sistema dei parchi nazionali. Molti parchi, pur essendo stati istituiti con leggi dello Stato, sono infatti rimasti “parchi di carta”, nonostante gli studi fatti e le proposte di perimetrazione elaborate: dal Parco della Costa Teatina al Parco delle Isole Egadi, dal Parco delle Isole Eolie al Parco dei Monti Iblei, dal Parco del Matese al Parco di Portofino. Alcune di queste situazioni si trascinano da decenni con situazioni paradossali come quella del Parco del Gennargentu, istituito e poi sospeso, dello Stelvio, la cui gestione è stata inspiegabilmente divisa tra la Regione Lombardia e le due Province Autonome, o del Delta del Po privato della prospettiva di diventare parco nazionale senza però favorire l’unione dei due parchi regionali contigui. Una inefficienza di sistema che colpisce anche i parchi istituiti se è vero che, alla fine del 2024, ben 10 parchi nazionali risultavano privi del consiglio direttivo di nomina del ministero dell’ambiente. 

E, al di là della retorica che spesso nasconde interessi speculativi, ancora molto si deve fare per rafforzare le misure già previste per aiutare le comunità locali che risiedono nelle aree protette (spesso coincidenti con le aree marginali del nostro Paese) a vincere la sfida della “con-presenza” tra attività umane e tutela di specie ed habitat.

Di fronte abbiamo quindi degli obiettivi altamente sfidanti: dove si realizzeranno le nuove aree protette per raggiungere l’obiettivo del 30%? Chi sta lavorando per migliorare la qualità di gestione e le competenze di quanti sono chiamati a gestire parchi e riserve? Come riusciremo a fare dei parchi anche degli strumenti di crescita sociale per chi ci vive? 

E, nel mentre, come Paese siamo chiamati ad un’altra importante sfida. La perdita di biodiversità è ormai tale che non ci si potrà limitare solo a conservare, ma si dovrà anche lavorare per ripristinare gli ecosistemi danneggiati, dentro e fuori le aree protette. Ci sono grandi aspettative sull’implementazione a livello nazionale della Nature Restoration Law, approvata a livello europeo lo scorso anno. L’Italia, come tutti gli altri Stati membri, è chiamata a predisporre un Piano nazionale di ripristino e, poiché il nostro Governo negli ultimi due anni ha sempre votato contro questa normativa, è lecito chiedersi se saremo in grado – politicamente, non certo tecnicamente – di metterci in gioco per recuperare foreste, fiumi, coste e i tanti altri ambienti danneggiati.

Dante Caserta

È Responsabile degli Affari Legali e Istituzionali del WWF Italia ETS, di cui in passato è stato anche presidente e vicepresidente. Il WWF Italia fa parte del Network del WWF Internazionale, un’organizzazione ambientalista indipendente, con cinque milioni di sostenitori nel mondo e una rete globale presente in oltre 100 Paesi. La missione del WWF è fermare il degrado dell’ambiente e costruire un futuro in cui le persone possano vivere in armonia con la natura, conservando la diversità biologica, garantendo un uso sostenibile delle risorse naturali rinnovabili e promuovendo la riduzione dell’inquinamento e dei consumi superflui.