Cristalli gialli di zolfo sono stati rinvenuti accidentalmente su Marte dal rover Curiosity della NASA: una scoperta che ha cambiato la visione degli scienziati sulle origini del pianeta

«Non dovrebbe essere lì. È come trovare un’oasi nel deserto». 

La scoperta dello zolfo elementare su Marte da parte del rover spaziale Curiosity ha lasciato esterrefatti gli scienziati della NASA che hanno spiegato come prima di questa volta sia stato rinvenuto solamente in minima parte e mescolato con altri minerali come il calcio e il magnesio. Il rover era alla ricerca di prove chimiche che potessero attestare la presenza passata di esseri viventi sul pianeta rosso, quando, rompendo in maniera totalmente accidentale delle rocce di color bianco, sono apparsi cristalli gialloverdi di puro zolfo. Una massa larga circa 13 centimetri che è stata analizzata in maniera dettagliata grazie all’utilizzo di due strumenti montati sulla sonda, l’Alpha Particle X-ray Spectrometer che ha eseguito i raggi X e la ChemCam, ideata per studiare i sassi marziani.

In realtà, da più di 50 anni, è risaputo come Marte sia un pianeta ricco di composti di zolfo. La prima missione spaziale Viking, avvenuta nel 1976, che aveva come obiettivo quello del rilevamento di attività biologiche e quindi della ricerca di vita, ha mostrato come nel terreno del pianeta fossero presenti sia grandi quantità di zolfo che di cloro. Nell’ottobre del 2023, Curiosity ha iniziato la perlustrazione di Gediz Vallis, canale in cui è presente una cresta topografica dove si trovano rocce piene di minerali solfati idrati, le quali si pensa si siano formate circa tre miliardi di anni fa dopo l’evaporazione di masse d’acqua superficiale nel corso della transizione di Marte verso un clima secco. Un procedimento che, anche sulla Terra, ha dato vita a diverse formazioni rocciose evaporitiche ricche di solfati e che, più di quattro miliardi di anni fa, potrebbe aver svolto, sul nostro pianeta, una funzione fondamentale nella genesi della vita. «Ora dobbiamo spiegarlo. Scoprire cose strane e inaspettate è ciò che rende l’esplorazione planetaria così emozionante», ha detto Ashwin Vasavada, scienziato della NASA coinvolto nel progetto. Non si tratta di un caso isolato: «Curiosity ne ha trovato molto, un intero campo di rocce luminose che sembrano simili a quelle frantumate dal rover».

Su Marte, lo zolfo elementare può essersi creato soltanto in specifiche circostanze: l’attività vulcanica avvenuta in passato rientra tra queste. Potrebbero infatti essere stati rilasciati gas contenenti zolfo i quali, ossidandosi, si sarebbero poi depositati come zolfo elementare. Anche le reazioni chimiche tra l’atmosfera e la superficie marziana potrebbero aver dato vita a puro zolfo. Sulla Terra, invece, la situazione è diversa in quanto il minerale può crearsi anche attraverso altri processi: nei fondali marini e nei laghi più profondi, i batteri riduttori di solfato trasformano i solfati in idrogeno solforato, che poi viene ossidato a zolfo elementare; nelle miniere di gas naturale e petrolio, l’idrogeno solforato può ossidarsi e formare lo zolfo puro; e poi dalle eruzioni vulcaniche le quali rilasciano solfuri che si ossidano e che si depositano come zolfo puro nei pressi dei crateri. 

Lo zolfo elementare è un minerale raro da scovare, spesso si trova nel sottosuolo o all’interno di cavità. Diversamente dai solfati, come l’anidrite, la barite o il gesso, i quali sono minerali composti da vari elementi come ossigeno, calcio, zolfo, idrogeno e bario, i minerali di zolfo puro sono costituiti esclusivamente da atomi di zolfo. Sul nostro pianeta, questi minerali hanno un colore giallo brillante, sono inodore (normalmente lo zolfo è associato all’odore delle uova marce), insapore, non sono buoni conduttori di elettricità e si formano principalmente nei pressi di bocche vulcaniche e fumarole, di flussi idrotermali o dalla degradazione chimica dei solfati in superficie. È poi ritenuto uno dei fattori che ha contribuito al riscaldamento di Marte, con stime di concentrazioni nella bassa atmosfera fino a 100 ppm (parti per milione).

La scoperta dello zolfo su Marte è soltanto una delle tante che il rover Curiosity ha effettuato durante il suo percorso dentro al Gediz Vallis channel, un solco che attraversa un lato del monte Sharp, alto cinque chilometri. Ogni livello della montagna simboleggia un’epoca diversa della storia marziana, e la missione è quella di capire e studiare in quale momento e in quale luogo il terreno del pianeta avrebbe potuto fornire i fondamentali nutrienti per una vita microbica. Questo canale è il motivo primario per cui la squadra di scienziati ha voluto ispezionare quest’area ben definita di Marte. Si pensa, infatti, che sia stato scavato da flussi di acqua liquida e detriti i quali hanno abbandonato per circa tre chilometri, lungo il fianco della montagna, un’enorme quantità di massi e sedimenti. Dagli studi degli scienziati sembrerebbe che questi cumuli non siano stati depositati solo dalle acque alluvionali, ma anche da frane. Ipotesi che si basano sul concreto, ovvero sulla forma delle rocce rinvenute: quelle più arrotondate (come ciottoli) si crede siano state trasportate dall’acqua, quelle invece più spigolose potrebbero essere state trascinate da valanghe asciutte. Le reazioni dell’acqua, infiltratasi nei detriti, hanno fatto sbiancare la maggior parte delle rocce che mostrano degli aloni bianchi, mentre l’erosione di vento e sabbia ha donato delle forme a raggiera. «Questo non è stato un periodo tranquillo su Marte, c’era una quantità entusiasmante di attività», ha spiegato Becky Williams, scienziata del Planetary Science Institute di Tucson, in Arizona, e vice ricercatrice principale della MastCam di Curiosity. 

Lo zolfo però non è presente solo su Marte e sulla Terra, anche altri pianeti dispongono di quantità piuttosto significative. Il pianeta che possiede biossido di zolfo o anidride solforosa in misura più elevata è sicuramente Venere, o meglio l’atmosfera di Venere, che si colloca al terzo posto come gas più copioso con il valore di 150 ppm. Reagisce con l’acqua per dare vita a nuvole di acido solforico, è molto importante per il ciclo atmosferico globale dello zolfo del pianeta, e concorre al cambiamento climatico. Anche per Venere, come avviene per Marte e per la Terra, si pensa che la fonte primaria sia vulcanica. 

Curiosity sta proseguendo la sua missione raccogliendo e analizzando dati e campioni. Un percorso sempre più intenso che avvicina alla comprensione del pianeta rosso e che presenta diversi punti di riflessione sull’universo e sulla vita umana.