All’Aja i leader dell’Alleanza Atlantica discutono del loro futuro. Sul tavolo l’aumento delle spese militari al 5%, Sanchez ottiene una deroga di flessibilità
È tutto pronto per la due giorni dell’Alleanza Atlantica: l’Aja ospita il summit NATO, dal 24 al 25 giugno. I convenuti della kermesse dovranno trovare la quadra sulle spese militari, un nodo non da poco, ma il vertice rischia di restare in secondo piano rispetto ai conflitti esplosi in Medio Oriente: il presidente Trump ha infatti già ritardato di un giorno il suo arrivo a causa di un Consiglio di sicurezza nazionale convocato lunedì 23.
Il target del 5% è stimato come un 3,5% di spese militari (in particolare per la spesa aerea e missilistica si chiede un +400%) cui si aggiungerà l’1,5% di spese in difesa, sicurezza, infrastrutture e capacità industriale. L’accordo tra tutti i Paesi membri sembra essere già stato trovato e troverà conferma nella dichiarazione finale.

Spese al 5%, il veto della Spagna
Partiamo dalle tegole interne. È il premier spagnolo Pedro Sanchez a rompere le righe, con un veto arrivato via missiva tra le mani del segretario Mark Rutte alla vigilia dell’incontro. Il leader socialista ha annunciato che la Spagna non rispetterà il vincolo di spese militari del 5% del PIL, una richiesta definita “irragionevole e controproducente“.
Sanchez ha dichiarato che la Spagna si fermerà al 2,1% di spese per la difesa, una cifra “sufficiente“. Il premier ha anche ribadito che la “asimmetria” di spese tra i vari Paesi non fa che rispecchiare le rispettive esigenze, e “dovrebbe essere rispettata con ogni mezzo, perché è insita nei principi operativi stessi della NATO“.
La scelta è tanto operativa quanto politica: aumentare le spese in difesa significherebbe inevitabilmente pagare “il prezzo di un aumento delle tasse per la classe media, di tagli ai servizi pubblici e alle prestazioni sociali per i cittadini e di una riduzione dell’impegno a favore della transizione verde e della cooperazione internazionale allo sviluppo“.
La Spagna è uno dei contribuenti più modesti della NATO: in termini di spesa per la difesa, è Madrid ultima in classifica. Allo stesso tempo Madrid, come non ha mancato di evidenziare anche Sanchez, è uno dei Paesi che ha maggiormente aumentato le sue spese. Nel 2024 su 32 Paesi membri solo 23 rispettavano il vincolo del 2%.

La missiva di Sanchez non sembra lasciare troppe opzioni a Rutte: a meno di dispensare esplicitamente Madrid (creando un pericoloso precedente), la NATO non potrebbe che chiudere il vertice con obiettivi meno ambiziosi, lasciando discrezione ai Paesi membri rispetto alle spese in programma.
«Non ci sono deroghe, non ci sono accordi a latere» ha chiosato Rutte ribadendo gli obiettivi dell’Alleanza. Di tutta risposta, Sanchez ha pubblicato su X la risposta ricevuta da Rutte: «capisco che la Spagna è convinta di poter raggiungere i target con una traiettoria inferiore al 5%» dice il segretario, che poi conferma a Madrid la “flessibilità per determinare il proprio percorso sovrano per raggiungere gli obiettivi di capacità“.
Come confermato successivamente dallo stesso Rutte, fermo restando l’obiettivo del 5%, la Spagna “crede di poter raggiungere gli obiettivi col 2%” mentre “noi reputiamo servirà il 3,5%“, e quindi “si vedrà nel quadro della revisione del 2029“. Una deroga non da poco, dato che anche l’Italia e il Belgio avevano chiesto maggior flessibilità.
La Spagna non è infatti l’unico Paese ad accogliere con perplessità alcune richieste dell’Alleanza. Paesi come l’Italia e il Belgio, ma anche il Lussemburgo, il Canada, la Francia, sorreggono il peso di un debito pubblico molto alto (quando non sono anche sottoposti a procedura d’infrazione per deficit).
È possibile dunque che la flessibilità chiesta dalla Spagna venga in qualche modo consentita anche agli altri alleati, lasciando margine di manovra ai Paesi rispetto alla definizione delle voci di spesa ammissibili oppure spalmando l’obiettivo di spesa in un tempo più lungo.
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