Tikhanovsky

L’attivista e dissidente bielorusso è stato rilasciato a sorpresa. Nel regime di Lukashenko ancora oltre un migliaio di prigionieri politici

Dopo cinque anni di detenzione politica, è libero Serghei Tikhanovsky, tra i leader più influenti dell’opposizione bielorussa. L’attivista era stato arrestato nel 2020, durante la campagna per le elezioni presidenziali alle quali avrebbe sfidato il despota indiscusso di Minsk, Alexander Lukashenko. Ad accogliere il blogger dopo la sua scarcerazione, sabato 21 giugno, è la moglie Svetlana Tikhanovskaya che, dopo l’arresto del marito, ha assunto la leadership dell’opposizione in esilio in Lituania.

L’attivista era stato formalmente accusato e incriminato di organizzare proteste di massa contro Lukashenko, incitare alla violenza e ostacolare le elezioni, reati per il quale viene condannato a 18 anni. Dietro il suo arresto c’era il suo attivismo politico mirato a scalzare dal potere Lukashenko, guida indiscussa del Paese dal 1994.

Proteste dell’opposizione bielorussa a Berlino. I manifestanti chiedono il rilascio delle centinaia di prigionieri politici detenuti dal regime di Lukashenko (EPA/CLEMENS BILAN / POOL)

Come tutti i prigionieri rilasciati, Tikhanovsky ha chiesto e ottenuto la grazia ed è stato forzato all’esilio.

Tra il Belarus e la Bielorussia: le storie di chi fugge dal regime di Lukashenko

Tikhanovsky e la rivoluzione delle ciabatte

Come molti dissidenti, anche Tikhanovsky ha costruito la sua fama dal basso, attraverso i social e con la sua attività di blogger. È in occasione delle elezioni presidenziali del 2020 che l’attivista decide di mettere a sistema tutto il malcontento raccolto e raccontato nel Paese, lanciando la propria candidatura. Grazie a uno stile comunicativo esplosivo e icastico, Tikhanovsky guadagna molti consensi, soprattutto tra le nuove generazioni, tanto che diventa un leitmotiv il suo slogan “schiaccia lo scarafaggio“, in riferimento a Lukashenko. Nelle piazze gremite, le folle portano con sé delle ciabatte proprio per mimare l’atto di schiacciare l’oppressore.

Quei giorni di intensa campagna elettorale prendono il nome di “rivoluzione delle ciabatte”, anche se di rivoluzione non si può proprio parlare. Lukashenko, consapevole del malcontento che ribolle nella popolazione, non intende competere con la crescente popolarità di Tikhanovsky, che viene arrestato e messo a tacere.

A quel punto è la moglie dell’attivista, all’epoca semi-sconosciuta, Tikhanovskaya a candidarsi al posto suo. L’opposizione dirotta il suo supporto verso la nuova leader ma i risultati elettorali diffusi dal Governo incoronano nuovamente Lukashenko. Le proteste esplodono, più impetuose di sempre, contro un risultato elettorale giudicato poco credibile, ma le opposizioni vengono ancora sedate con il pugno duro della violenza, degli arresti arbitrari, delle minacce.

Il blogger Sergei Tikhanovsky durante una manifestazione a Minsk nel 2020 (EPA/TATYANA ZENKOVICH)

Leggi la nostra intervista a Viasna – Centro per i diritti umani in Bielorussia

Perché la Bielorussia rilascia i suoi prigionieri politici?

Insieme a Tikhanovsky sono stati rilasciati altri 13 prigionieri politici, di cui cinque bielorussi ma anche cittadini giapponesi, polacchi e svedesi.

Nulla, naturalmente, è lasciato al caso e il rilascio di Tikhanovsky va letto in un quadro più ampio per essere compreso. A non essere casuale è innanzitutto il tempismo del rilascio, avvenuto subito dopo l’incontro tra l’inviato speciale USA per Ucraina e Russia Keith Kellogg e il presidente Lukashenko.

Non si tratta del primo rilascio di prigionieri in Bielorussia: nel Paese sono detenuti almeno 1150 prigionieri politici e solo nel 2024 Lukashenko ne ha rilasciati 227. Più che una timida e dosata apertura, quella del dittatore bielorusso pare quasi una necessità geopolitica. Il Paese, primo alleato, per non dire satellite, di Mosca, soffre infatti di un prolungato isolamento internazionale che pesa tanto sull’economia quanto sulla rilevanza politica della Bielorussia.

La moglie di Tikhanovsky, Svetlana Tikhanovskaya, posa con una fotografia del marito (EPA/MIKAELA LANDESTROM)

«Credo che si trovi in una situazione di forte debolezza in questo momento, e che quindi vuole migliorare le relazioni con la nuova amministrazione USA» ha spiegato alla BBC Franak Viacorka, consigliere esperto di Tikhanovskaya. La stessa visita di Kellogg sarebbe stata una concessione sufficiente per Minsk per acconsentire al rilascio, simbolico e insufficiente, ma molto atteso.

CREDITI DELLA FOTO DI COPERTINA:

Potrebbe interessarti anche: La vedova nera