Dall’impresa partenopea, sofferta come solo a Napoli si può soffrire, agli psicodrammi in zona recessione, passando per il valzer delle panchine. Storia di un campionato che non vuole finire
Qualcuno dice che lo scudetto, più che vincerlo il Napoli, lo ha perso l’Inter. Anche se bisogna pure saper perdere, qualche dato corrobora questa tesi. I partenopei hanno chiuso l’anno come miglior difesa d’Europa, con appena 27 gol subiti, ma portano a casa poche reti, 59, contro le 79 dell’Inter che guida indiscussa le classifiche finali di gol, assist e tiri. Magra consolazione per Simone Inzaghi, mentre la schietta lezione di Antonio Conte, “nato per vincere” trova conferma sul campo: «chi vince fa la storia, chi perde al massimo può andare a leggerla».
«La stampa dice che sono romanista, ma siete i benvenuti – ha detto Papa Leone XIV ricevendo la delegazione campana, squadra e presidente, dopo la vittoria. – Non tutto quello che leggete è vero». Dev’essergli scappato qualche “forza Roma” di troppo, al Santo Padre, e come si ritratta un endorsement così? Il quarto scudetto è il miglior regalo di compleanno per De Laurentiis che proprio sabato 24 maggio ha spento 76 candeline. Quattro sono anche gli scudetti vinti da Conte (tre con la sua Juventus, uno con l’Inter) che, tra ingaggio e premio, si porta a casa quasi 9 milioni, mentre De Laurentiis mette nel portafoglio, insieme allo scudetto, 20 milioni, oltre al “bonus Champions” di 43,5 milioni. La vittoria del Napoli è, comunque la si veda, un affare a quattro mani: il tecnico leccese, che in questo non potrebbe essere più juventino, ha impresso nei giocatori il prezioso mindset del calcio giocato per vincere, non per dare mostra. Al suo fianco, in una posizione ineditamente adombrata, il presidente De Laurentiis che, grazie ad un’accorta campagna acquisti e a un approccio anch’esso “a-ideologico”, condivide a pieno titolo il merito del quarto scudetto. Soprattutto, merita un plauso bipartisan la sua accorta gestione dei conti del Napoli che chiude la stagione in utile, riducendo il debito. Provvidenziali, in tal senso, le plusvalenze generate dalla vendita di Khvicha Kvaratskhelia al PSG (uno sgambetto inconsapevole alla povera Inter). La cessione senza rimpiazzo ha aperto una prima spaccatura tra Conte e De Laurentiis, ma a scongiurare l’addio del salentino, corteggiato da mesi dalla sua Vecchia Signora, sono “bastati” 200 milioni messi sul piatto dal presidente per una rosa degna di Champions.
Quanto ai secondi classificati, qualcuno (non loro, ma l’assistente arbitrale Domenico Rocca, in una lettera alla Commissione Arbitrale Nazionale) punta il dito contro il designatore arbitrale Rocchi e le ingerenze non sempre coerenti. L’episodio nel mirino è il mancato rigore dato in occasione del contatto Ndicka–Bisseck durante Inter-Roma, un “errore grave [che] molto probabilmente determinerà la perdita del campionato della società Inter a favore della società Napoli”. La “massima solidarietà” di Gravina al designatore spegne le polemiche, per ora. Alla dirigenza nerazzurra resta soprattutto l’amaro di una rosa dal valore di scambio di 660 milioni di euro, esattamente il doppio di quella del Napoli – il solo Lautaro vale più di Neres, Lukaku e Raspadori messi insieme. Quanto valgono zero titoli?
Potrebbe consolare i tifosi la sorte decisamente peggiore toccata ai cugini rossoneri. Il Milan, gelato all’ottavo posto, resta a bocca asciutta di tutte le coppe europee (non succedeva dal 2016), e si sarà forse mangiato le mani per quel “no” ad Antonio Conte: «non è l’ideale per il Milan, cerchiamo un allenatore, non un manager» lo allontanava Zlatan Ibrahimovic esattamente un anno fa. Di fronte a questo, l’addio di Conceição a Milanello è un atto praticamente dovuto. La protesta organizzata dagli oltre cinquemila tifosi in occasione dell’ultima a San Siro lascia poco margine di riflessione alla dirigenza rossonera, da Ibra all’ad Furlani a Gerry Cardinale (RedBird). Il premio di consolazione non è così magro: il Milan ha infatti strappato Max Allegri alle contendenti (Inter compresa). Basteranno cinque milioni l’anno per riveder le stelle? Intanto la società ha chiesto un risarcimento di 458mila euro in quanto parte civile nel maxi-processo Doppia Curva sugli ultras di San Siro, che vede tre rossoneri accusati di associazione per delinquere nell’ambito dell’illecita gestione delle attività dello stadio, dai biglietti ai parcheggi mediante aggressioni agli steward, intimidazioni, estorsioni, infiltrazioni ‘ndranghetiste. 19 in totale gli imputati (attesa per il 17 giugno la sentenza). Niente in confronto al Foggia, prima squadra di calcio italiana a finire in amministrazione giudiziaria in seguito alle indagini della DDA di Bari sulle ingerenze criminali del clan Sinesi-Francavilla tra spari all’auto del capitano, ordigni esplosivi, attentati incendiari. Cronache di ordinario calcio.
C’è dell’amaro anche nelle bocche juventine, troppo affamate per accontentarsi della qualificazione in Champions. Nel mirino della società c’è il ds Giuntoli: la pur buona gestione dei conti non basta per digerire la troppa sofferenza in campo, dall’uscita prematura dalla Champions alla Coppa Italia malamente soffiata via dall’Empoli. A frenare la rivoluzione interna è però la partecipazione al Mondiale per Club. Il tecnico croato Tudor, subentrato in corsa a Thiago Motta, deve ingoiare il corteggiamento di Elkann nei confronti di Conte (che aveva chiesto l’aut aut, o lui o Giuntoli) e traghettare la Juve nel torneo estivo. Poi si vedrà. Un applauso meritato al Bologna che regala ai tifosi una Coppa Italia preziosissima e mette in cassaforte il condottiero Vincenzo Italiano.
Anche le romane sono in fermento. Sulla sponda biancoceleste, rimasta fuori dall’Europa, c’è aria di delusione e proteste, troppe batoste e troppi pochi punti. Lotito, seraficamente sordo alle contestazioni, procederà al ridimensionamento della squadra, a partire da Mattia Baroni, esonerato sul gong in favore di un ritorno “di cuore” come Sarri. Gongola invece la Roma che, dopo un rocambolesco inizio di campionato che l’ha condotta a un passo dal baratro recessione, come l’araba fenice è risorta sotto la bonaria guida di Claudio Ranieri (smentito, a questo punto, lo zampino del Papa). I giallorossi sfiorano la Champions per un soffio (il pareggio del Venezia con la Juve ha acceso vane speranze per qualche minuto), col dispiacere che la Roma, nona nel ranking UEFA, avrebbe addirittura scalzato il Barcellona finendo direttamente in prima fascia. Ma ora basta sognare: Ranieri, traghettatore quasi invictus, promette di restare accanto ai Friedkin lasciando la panchina a Gasperini che, dopo 9 anni, saluta la proprietà bergamasca dei Percassi.
Guardando la parte opposta di classifica, il campionato sembra tutto meno che finito. Colpa o merito del pasticciaccio fiscale del Brescia, penalizzato di quattro punti dal Tribunale Federale Nazionale (sentenza di primo grado) e retrocesso in serie C nonostante la salvezza conquistata sul campo. «Sto male. Mi hanno ammazzato, morirò infangato, vituperato, stuprato. Avrei preferito morire sotto una macchina che subire una cosa del genere» si sfoga il presidente delle Rondinelle Massimo Cellino che, nel dubbio, lascia aleggiare l’ipotesi complotto. Mentre il club cercherà giustizia contro la società che gli ha venduto crediti d’imposta inesistenti, il Frosinone salva la pelle e la Salernitana giocherà i playout contro la Sampdoria, acciuffata per i capelli dalla Serie C in cui era già sprofondata. La stagione dei sogni, per qualcuno incubi, ha ancora grandi emozioni da dispensare.